Il "Comitato di Lotta per la Casa 12 luglio" ormai da 13 giorni occupa la cattedrale di Palermo per rivendicare il diritto alla casa. Per dare maggiori informazioni, e rinnovare il nostro sostegno, abbiamo incontrato Toni (portavoce del comitato) al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Come nasce questa occupazione della cattedrale?
Toni: L'occupazione della cattedrale nasce dopo almeno otto mesi di trattativa che abbiamo avviato con l'attuale assessore alla casa. Una trattativa che fino a due mesi fa sembrava arrivare alla costituzione di una commissione mista con all'interno rappresentanti del comitato che individuasse le famiglie svantaggiate da inserire in una lista di emergenza abitativa per poi usufruire dell'assegnazione provvisoria di un alloggio confiscato alla mafia.
Questo iter era arrivato alla presentazione di una delibera della giunta comunale, volutamente rinnovata dietro richiesta dell'ex assessore alla casa Giovanni Avanti e ripresentata una seconda volta. L'iter si doveva concludere con una integrazione votata dal consiglio comunale e un il ritorno della delibera in giunta per la parte conclusiva, rispetto all'istituzione della commissione.
Questo ultimo passaggio non è mai avvenuto, l'iter e' rimasto bloccato. Noi sappiamo che c'e' una delibera ferma alla segreteria generale del comune e firmata dall'assessore Mineo ma volutamente congelata. La spiegazione che ci da lo stesso Mineo e' quella che una parte della giunta dell'attuale amministrazione non da il “supporto politico” affinche' la delibera passi.
Nel frattempo i problemi delle famiglie si aggravano, chi viene sfrattato, chi dorme da otto mesi sotto il Palazzo delle Aquile, famiglie alle quali vengono tolti i figli minori per le condizioni abitative pessime in cui vivevano.
Questo insieme di situazioni ci ha spinti a valutare la necessita' di un gesto eclatante, ricordando il precedente avvenuto quattro anni fa, in cui con altre 22 famiglie occupammo la cattedrale e venimmo fuori con dei risultati.
Questo precedente ha portato le nuove famiglie che si sono aggregate al comitato a credere, che la stessa forma di protesta poteva essere riproposta.
Ci sembra di capire che il comitato tiene separato la questione dell'assegnazione di alloggi popolari da quello dell'emergenza casa.
Toni: Assolutamente si'. In primo luogo c'e' da dire che anche il bando per l'assegnazione delle case popolari e' un risultato ottenuto dal comitato, bando pubblicato 26 anni dopo la presentazione dell'ultimo bando utile. Noi abbiamo accolto con piacere lo strumento della graduatoria. Se la graduatoria fosse stata gestita con trasparenza sarebbe stata sicuramente uno strumento utile.
Abbiamo constatato che cosi' non e' stato.
Ma malgrado questo noi chiediamo l'alloggio confiscato proprio nel rispetto della graduatoria.
L'alloggio confiscato in quanto tale non puo' essere utilizzato come casa popolare. L'unica forma di utilizzo e' l'assegnazione provvisoria.
La nostra proposta è che le famiglie disagiate possano usufruire temporaneamente di questi alloggi. Queste famiglie, che sono collocate in graduatoria, aspetteranno il loro turno per l'assegnazione della casa popolare, e solo dopo avvenuta assegnazione lasceranno il bene confiscato, che potrà essere utilizzato per altre famiglie.
L'amministrazione ci accusa di chiedere una casa a discapito della graduatoria, fregandocene delle regole. È una fandonia! A noi sembra che le regole siano infrante innanzi tutto da loro: tenere le famiglie in mezzo ad una strada, questo è infrangere le regole!
Dopodiche' per noi c'è anche un aspetto simbolico fondamentale: noi siamo famiglie che abbiamo scelto di non chiedere più favori a padrini, a politici di turno, di trovare soluzioni sotto banco. Ci siamo aggregati tra di noi per rivendicare un diritto puntualmente negato e chiediamo quegli alloggi confiscati ai mafiosi, cioè a quei soggetti che ci tolgono la casa, il lavoro e la dignità.
Per noi questa lotta è il riappropriarci della dignità.
Evidentemente l'amministrazione di Palermo ha degli interessi elettorali e di potere che non lasciano spazio alle richieste delle famiglie. Quali sono le “condizioni” che voi date per terminare l'occupazione della cattedrale?
Toni: Noi abbiamo posto tre punti:
Prima di tutto ci sono 70 famiglie che aderiscono al comitato. Tra questa dieci che, lasciando oggi la cattedrale, sarebbero costrette a dormire sopra i marciapiedi. La prima condizione concreta è di trovare una sistemazione a queste famiglie. Indichiamo una doppia strada: o l'utilizzo di un bene confiscato o che l'amministrazione comunale prenda in affitto degli alloggi e li dia in utilizzo a queste famiglie.
Secondo noi chiediamo che la prefettura debba fare una mediazione per la creazione e la convocazione della commissione congiunta e che si avvii il procedimento per la creazione della nuova lista per l'emergenza abitativa.
Infine terzo obiettivo, sul medio lungo periodo, è avviare un lavoro tra le parti (comune, prefettura e parti sociali) per far sì che si ottenga dall'Agenzia del Demanio dello Stato la consegna in custodia degli alloggi confiscati in attesa di decreto di destinazione.
Quale è stata la reazione della città a questa vostra protesta?
Toni: Al tredicesimo giorno di occupazione alla cattedrale credo abbiamo visto migliaia di persone, tra turisti e cittadini, gente che ci ha manifestato solidarietà. Il problema di queste famiglie è un problema che si lega alla città di Palermo, non chiediamo soluzioni per gli amici o solo per le famiglie del comitato, la lista di emergenza se deve esserci deve essere in favore di chiunque abbia un disagio abitativo. La solidarietà noi l'abbiamo ricevuta, anche dal quartiere malgrado oggi si leggesse sul giornale che i parrocchiani si sono scagliati contro di noi, questo è assolutamente falso. I parrocchiani che domenica scorsa sono venuti alla cattedrale perché pensavano che si sarebbe svolta la funzione religiosa, scoprendo che così non sarebbe stato e il perché, sono andati via non solo solidali con noi ma anche esterrefatta dall'agire della curia e di monsignor Lo Galbo ha sospeso le funzioni e tolto l'ostensorio per la nostra presenza in cattedrale. Per i credenti togliere l'ostensorio equivale alla sconsacrazione della chiesa. Devo dire anche che non abbiamo avuto solo solidarietà, ma anche pesanti critiche volutamente costruire, le avevamo messe in conto, noi dobbiamo apparire come gente senza morale, come quelli che con prepotenza vogliono ottenere le cose, il comitato deve essere criminalizzato, del resto quando si vanno ad intaccare gli interessi di quel manipolo di politici o politicanti che gestiscono l'amministrazione comunale il comitato dà fastidio e deve scomparire in qualche modo.
A Palermo, come dicevo prima, c'è una graduatoria che conta oggi circa 10.000 aventi diritto ad un alloggio comunale, questo a fronte di 30 alloggi che sono stati assegnati in un anno. Inoltre non c'è una programmazione né di ristrutturazione né la previsione di nuove costruzioni. L'unica cosa che c'è in atto, anche questa estremamente vergognosa, è che il comune di Palermo ha ottenuto due anni fa 23.000.000 di euro dalla regione siciliana, ex fondi gescal, che sta utilizzando per ristrutturare 122 alloggi allo zen. La logica è sempre quella: la fascia popolare deve essere trasferita sempre ghettizzata, deve essere portata in un quartiere dormitorio perché quando si organizza da fastidio. Il loro modo di fare si ripete nel tempo, abbiamo un centro storico totalmente disastrato e quando l'amministrazione comunale decide di intervenire lo fa solamente espropriando i palazzi nobiliari, rivendendoli all'asta agli amici degli amici, sui giornali si legge asta pubblica ma nessuno sa mai quando avviene, quindi viene rivenduto a privati che ristrutturano l'immobile e lo rivendono a prezzi assolutamente assurdi! Il centro storico si sta trasformando nella “vetrina bella” di Palermo, quelli che invece ci sono nati vengono trasferiti altrove perché, come dicevo, danno fastidio, noi per loro siamo numeri non siamo persone mentre noi ricordiamo sempre a lor signori che noi siamo cittadini di serie A e in quanto tali vogliamo essere trattati.
Quali sono stati i risultati ottenuti in questi anni dal comitato per la casa 12 luglio?
Toni: I risultati che il comitato può vantare di aver ottenuto principalmente sono quelli rispetto a 100 famiglie che, grazie alla lotta e solamente alla lotta, ben organizzata ed intelligente, sono riuscite ad uscire dalle locande del comune, locande in cui, famiglie in media di quattro cinque persone erano alloggiate in una stanza, costretti a lasciare l'alloggio durante il giorno per ritornare la sera per il pernottamento. Lascio immaginare come viene riutilizzata la locanda nelle ore in cui alle famiglie non è consentito starci, quando si rientra ci è capitato di trovare preservativi sui letti! Il comune spendeva 3.000.000 di euro l'anno per queste sistemazioni. quindi la lotta ha consentito in primo luogo di dare una sistemazione a queste famiglie, in secondo luogo ha permesso al comune di Palermo di acquisire alloggi a costo zero ed infine l'accordo era che i 3.000.000 di euro che il comune risparmiava dovevano essere reinvestiti per la ristrutturazione di alloggi al centro storico per essere utilizzati come alloggi popolari. Quest'ultima parte è stata completamente disattesa.
In una città come Palermo dalle continue emergenze sociali, in che modo la questione abitativa si lega con le altre questione sociali e in che modo la lotta per la casa del comitato 12 luglio si è incrociata con altri tipi di vertenze e con altre rivendicazioni sociali?
Toni: Oggi per noi è chiaro che le problematiche dei senza casa si legano al problema del precario che rischia di perdere il lavoro, anche il senza casa è senza lavoro. Connessa e anche la questione della privatizzazione dell'acqua , esiste una connessione reale l'una con l'altra. In questi cinque anni si sono fatti dei tentativi per creare delle aggregazioni tra le varie problematiche e tra i vari movimenti che in qualche modo cercano di portare avanti queste istanze.
Ci sono state delle difficoltà, io mi auguro che sia arrivato il tempo per superare eventuali divisioni perché abbiamo sperimentato tutti che solo se ci uniamo riusciamo a creare delle forme di pressione, restare separati rende più difficile riuscire ad ottenere il risultato primario che è quello di diritti garantiti, salario, tutela della salute.
Alcune famiglie che aderiscono al comitato di lotta per la casa ci hanno rilasciato una loro testimonianza.
Pasquale: Io mi son ritrovato a vivere con mia moglie e due bambini in un furgone. Gli inquilini del palazzo hanno mandato gli assistenti sociali per toglierci i bambini. Il problema della casa è un problema serio, non ci aiutano se ci tolgono i bambini. È assurdo che ci tolgano i bambini perché una padrona di casa ti sfratta perché ristrutturare l'immobile! Io e la mia famiglia dormiamo da due mesi dentro un furgone! Ora cerchiamo di trovare una soluzione con il comitato di lotta per la casa.
Sig.ra Buonafortuna: Sono stata sfrattata sei mesi. Mio marito recepisce 237 euro di pensione al mese, pagavo 300 euro per l'affitto e non ce l'ho fatta più. Ho quattro minori, da sei mesi dormo al Palazzo delle Aquile, visto che nessuno mi ascoltava mi sono aggregata con il comitato di lotta per la casa e sono qui oggi alla cattedrale. E nessuno oggi ancora si presenta, ci privano di tutto, ci offendono, siamo anche mortificati dalla chiesa, perché io non mi permetterei mai di dire ad povero “io non faccio la messa perché non siete degni di stare in chiesa”, ci tolgono anche la dignità.
Sig.ra Angela: Mi hanno tolto mio figlio perché non ho più una casa. Gli assistenti sociali mi hanno detto che fino a quando non riavrò una casa mia mio figlio resterà in comunità. il bambino aveva già la legge 104, ora subisce un altro trauma.
mercoledì 25 ottobre 2006
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