sabato 27 ottobre 2007

Il Comune fa acqua da tutte le parti

I secchi di plastica posti dai commessi nella balconata vicino all’Aula Consiliare per raccogliere l’acqua che s’infiltra dal tetto all’interno del Palazzo delle Aquile rappresentano l’emblema di un Palazzo comunale in sfacelo con una amministrazione che, oltre ad una oggettiva incapacità di governo, dimostra un dato di incapacità veramente impressionante nel trattare, o meglio nel non trattare, le tante emergenze che, piuttosto che risolvere, ha aggravato con provvedimenti tanto estemporanei quanto irresponsabili. Le famiglie cacciate dalle locande con l’inverno incipiente, i soggetti deboli lasciati senza l’assistenza sono la punta di un iceberg che, evidentemente, porta con sé tante altre emergenze che sono state usate a man bassa nella recente campagna elettorale dagli attuali governanti di Palermo che adesso, se costretti, dichiarano, senza vergogna, lo sfacelo che hanno procurato in anni di amministrazione irresponsabile. Larghe fasce di disoccupati e di portatori di vario disagio sociale oggi registrano l’inganno subito, ma vedono scappare alle loro responsabilità gli autori del disastro. Qualunque osservatore obiettivo non può che rendersi conto che ormai il giudizio di sconcertante incuria e incapacità che pesa incontrovertibilmente sull’amministrazione comunale di Palermo non può essere liquidata solo come il frutto di una polemica politica di parte, ma rappresenta uno scenario incredibile di degrado della vita pubblica nella quinta città d’Italia. E’ intanto del sindaco non parla più nessuno, le sue continue assenze non fanno più notizia e perfino i manifestanti non lo nominano più perché nell’immaginario collettivo questo sindaco è ormai considerato proprio come una fortunata vignetta che lo rappresenta: il nulla attorno ad una racchetta da tennis. Gli altri esponenti della Giunta dimostrano di andare in ordine sparso e, quando costretti ad intervenire, di non sapere di cosa parlano. Al vice sindaco Cordaro che sosteneva che le case confiscate alla mafia non possono essere utilizzate per l’emergenza abitativa i componenti del Comitato lotta per la casa hanno dovuto ricordare che il Comune ha già assegnato da anni decine di case confiscate, mentre si registravano grosse contraddizioni tra le dichiarazioni dei Consiglieri dell’UDC e quelli dello stesso vice – sindaco. E’ questa l’emergenza sociale, ormai incontenibile, che si salda in tutte le sue sacche di disagio e che è annunciata da tempo da chi invitava le Forze politiche e sindacali dell’opposizione a cogliere in tempo il ribollire di una società per comprenderne ed interpretarne un bisogno di rappresentanza di bisogni fondamentali, con realismo, ma con un progetto adeguato all’emergenza che la città vive da tempo con sempre maggiore drammaticità. Una grande vertenza per rappresentare tutte le povertà in cui si riconoscano tutte le Forze dell’opposizione politica e sociale di questa città. Un’Altra Palermo che si allarghi nella società per andare anche oltre un generoso e lungimirante Gruppo al Consiglio comunale di Palermo che con i suoi quattro battaglieri Consiglieri già fin dal suo esordio ha provato ad indicare un metodo diverso per fare opposizione. Il dramma di tante famiglie, con il carico di degrado e insicurezza che questo determina per tutta la città, può essere il modo per curare antichi vizi di personalismi e pratiche disgregative che hanno contribuito al dominio di un ceto politico che oggi presenta tutte le sue contraddizioni, ancorché nascoste da fughe diplomatiche o da gesti di arrogante insensibilità.
Intanto, non mancano i segni positivi di un risveglio di solidarietà e, in questo senso, il fraterno abbraccio a chi soffre per strada da parte della Chiesa Valdese-Metodista, non nuova a forti assunzioni di responsabilità nel campo della lotta alla mafia e alle marginalità, lascia sperare in tante adesioni di altri soggetti, laici e religiosi, in una società palermitana finalmente coesa non in un’idea, pur rispettabile, di beneficenza, ma in una visione autenticamente politica in cui diritti e solidarietà prevalgano sull’arroganza di un potere truce e inadeguato.

Giovanni Abbagnato.

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